LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"TU PUOI SAPERE,
SE AVRAI SCELTO UN BUON PSICANALISTA"
creata il 14 febbraio 2009

 

 

Vieni da "pensatori epistemici"

Sei in "psicanalisti".

Prima di elencare gli psicanalisti trattati in questo sito, mi preme formulare alcune premesse sulla "filosofia" che ispira questo sito.

Questo è un sito epistemico. Si preoccupa di espungere dalla psicanalisi quelle componenti ontologiche, su cui si fondano le varie (sic) ortodossie psicanalitiche. Qui si ritiene che l'atteggiamento "talmudista", con cui vengono difese le diverse dottrine psicanalitiche, sia fondato sull'ontologia e in quanto tale sia pregiudizievole al progresso scientifico della psicanalisi.

Poiché, nella suddetta ottica talmudista, l'operazione epistemica può sembrare, oltre che pesantemente eterodossa, anche iconoclasta, antifreudiana e riduttiva, ho pensato di premettere in questa sede alcune considerazioni che la giustifichino. Per avviare un discorso positivo, aggiungo poi una possibile (certo non l'unica possibile) traduzione della metapsicologia freudiana, che così com'è formulata da Freud mi sembra da abbandonare, riformulandola in termini epistemici, cioè in termini di processi di sapere. Insomma, mi preoccupo di salvare il salvabile del lascito freudiano con il salvagente epistemico.

Una prima sistemazione epistemica della teoria psicanalitica.

1. Esiste una particolare, specifica e inesauribile ignoranza di base:

non sai che sai.

Freud la chiama Urverdrängung o rimozione primaria. Essa costituisce l’inconscio nel senso di Es. La base ontologica di questa ignoranza primordiale potrebbe essere la non categoricità dell’oggetto, nel nostro caso l’infinito. Si può esprimere così: ignori "essenzialmente" l’essenza dell’oggetto. Apprendi l’oggetto parzialmente solo attraverso suoi modelli incompleti: voce, sguardo, seno, feci, niente, ecc. che non lo restituiscono in modo integrale.


2. Esiste una volontà di ignoranza, specificamente epistemica, che “resiste” al ritorno del rimosso.

Quando l’oggetto si manifesta al soggetto come desiderio – allora si configura il tempo del ritorno del rimosso – il soggetto non ne vuol sapere. È la rimozione secondaria. È lei la responsabile della costruzione di sintomi, che evitano l’impatto con l’oggetto e producono godimenti sostitutivi o differiti. (In generale, il godimento effettivo è un inganno epistemico rispetto al desiderio, nel senso che non ne rispetta la dimensione di plus-godere, come la chiama Lacan).


3. Le pulsioni freudiane, sia sessuali sia di morte, esprimono la dialettica della volontà di ignoranza.

Esse sono animate da un movimento di andata e ritorno. Sono circolari (Lacan). Vanno dal soggetto verso l’oggetto, che il soggetto vuole ignorare. Tornano dall’oggetto verso il soggetto, che non vuole più “vedere” ciò che "causa" il proprio desiderio. Il primo momento, in andata, istituisce l’oggettualità.  Il secondo momento, al ritorno, istituisce l’alterità come oggetto perduto (Lacan). In pratica, facciamo sesso perché non vogliamo sapere con cosa facciamo sesso. Aggrediamo l’altro perché non vogliamo sapere chi è l’altro (se l’altro fosse noi stessi?).
Ma la nozione freudiana di pulsione può essere lasciata cadere in quanto antropomorfa e teleologica. In quanto ultimamente aristotelica, la nozione di pulsione può decadere dal discorso scientifico.

Breve commento

Questa sistemazione sembra ritornare a posizioni ontologiche precartesiane, dove l’essere precede il sapere. In prima battuta lo ammetto. In effetti, la mia “rimozione originaria” conferisce uno statuto ontologico al “non sapere”. Ma sta dalla mia parte il teorema di Cartesio. “Se non sai, allora sai”. In un certo senso è pericoloso non sapere, perché può produrre sapere, come sanno bene tutti coloro che resistono all’innovazione cartesiana. Non vale il sapere aude! (Kant), ma si grida guai a chi sa!
In realtà, in mio tentativo teorico vuole dare consistenza alla proposta lacaniana di collocare l’inconscio a livello preontico (Cfr. J. Lacan, Le Seminaire, Livre XI, Seuil, Paris 1973, pp. 25, 31) là dove il non  sapere produce il sapere, quindi l’essere.

Ci sono riuscito?

Offro una possibilità di controllare la natura freudiana del mio tentativo sulla seguente minimale

Traduzione del termine fondamentale di "pulsione" in linguaggio epistemico.

Pulsione sessuale

a) Pulsione come causa efficiente.
Il sapere che precede l’essere è anche e soprattutto un saperci fare. La causa efficiente è la traduzione (riduzione) in termini ontologici del saperci fare tecnico. La pulsione, intesa come forza costante, è semplicemente il saperci fare con la soddisfazione. Va aggiunto che si tratta di un saperci fare empirico, da bricolage, e molto limitato.

b) Pulsione come causa finale.
Il sapere che precede l’essere sa dove e come si ottiene la soddisfazione sessuale. La causa finale è la traduzione (riduzione) in termini ontologici della previsione del risultato prefigurata dal sapere (intenzione).  La causa finale è particolarmente evidente nella pulsione di morte che tende all’abbassamento delle tensioni. La pulsione di morte è un esempio tipico di causa finale. Rappresenta l’organizzazione omeostatica del sapere, che sa utilizzare gli stimoli esterni per rispondere ad essi nel senso di ridurne le conseguenze sull'rganismo (retroazione negativa).

c) Pulsione come causa materiale

Il sapere che precede l’essere è la materia della pulsione. Freud non coglie questa equivalenza materiale. Tuttavia afferma che pulsione opera al limite tra la psiche e il soma. Il sapere è questo limite.

d) Pulsione come causa formale

Il sapere che precede l’essere configura una scena fantasmatica dove è possibile la soddisfazione. Freud inventa la Urszene ma non la correla alla pulsione. Il sapere è essenzialmente formalistico perché correla all’interno dello schematismo di una struttura i costituenti elementari (le unità libidiche per Freud, i significanti per Lacan).

Già queste considerazioni giustificano l’aristotelismo di Freud, che al medico di Vienna arrivò attraverso la sua formazione di medico e la frequentazione dei seminari di von Brentano.

Pulsione di morte

Il sapere che precede l’essere sa che l’oggetto non è il soggetto. Su questa disequazione si autoinganna e ci inganna solo il perverso, che tratta il soggetto come oggetto. La differenza topologica è semplice: il soggetto non ha punti interni, l’oggetto sì. Il soggetto non ha omuncoli dentro di sé, mentre l’oggetto può avere altri oggetti. Pertanto l’oggetto è essenzialmente inanimato o è alla morte (zum Tode sein). In ogni caso il sapere tratta l’oggetto come morto. Perciò la pulsione di morte si incarna ontologicamente nell’aggressività. L'aggressività è auto, se è rivolta al soggetto, ed è etero, se è rivolta all'oggetto.

Pulsione come autoinganno

Dal punto di vista scientifico, in quanto introduce una causalità, la pulsione è un inganno. L'inganno della metapsicologia freudiana si presenta nella veste epistemica del mito. Freud afferma che le pulsioni sono i nostri miti. Sono, cioè, delle falsità non falsificabili. Si possono solo confermare, ma mai confutare. La figura principe dell'inganno cognitivo è il finalismo della natura, che Kant estrapola dalla natura (giusta la lezione di Hume) e cala come principio trascendentale nel soggetto. Si fa finta di non sapere che nel discorso scientifico non esiste finalismo. La maggior parte dei fenomeni scientifici sono spontanei, cioè senza causa (moto inerziale, decadimento radioattivo, mutazioni genetiche, speciazione). La teoria freudiana è fortemente ingannevole perché fa credere al soggetto dell'inconscio di poter dirigere a un fine i processi psichici.

Coazione a ripetere

Il sapere, basato su un meccanismo, si ripete. A livello del soggetto la ripetizione è condizionata dalla finitezza del soggetto. Un automa finito, immerso in un ambiente che non varia, dopo un periodo di transizione (Freud parlerebbe di latenza), entra in un ciclo che si ripete indefinitamente (teorema di Kleene). La conseguenza della finitezza – l’eterna ripetizione dell’identico – è assunta dall’ontologia a fondamento dell’essere e della volontà di potenza (teorema di Nietzsche).

Angoscia

Ontologicamente l'angoscia è la paura del pericolo insito nell’energia  pulsionale, la libido freudiana, che spinge il soggetto verso l’altro, cioè verso l'ignoto. (Anche l'ontologia assume qui una connotazione epistemica).
Epistemicamente l'angoscia è l’incertezza sull’essere, derivante dall'incompletezza del sapere. “Sarò castrato o no?” “Sarò amato o no?”. Questa angoscia è ineliminabile perché il sapere del soggetto della scienza è essenzialmente incompleto. (I teoremi di incompletezza di Gödel e di Tarski sono una figurazione dell'inconscio freudiano). Il gioco d’azzardo è un modello che ritualizza ludicamente la situazione d’incertezza angosciosa e la scongiura. (Il giocatore sta bene anche se perde).

Sono sicuro che esistano traduzioni migliori della mia. Perciò rimando ai seguenti psicanalisti:

Abraham

Andreas Salomé

Balint

Bion

Dolto

Ferenczi

Freud

Jung

Klein

Lacan

Winnicott

...

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