LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"TU PUOI SAPERE IN EVOLUZIONE"

creata il 28 agosto aggiornata il 30 agosto 2009

 

 

Vieni da “Freud”, da “Darwin” o addirittura da “Newton”.

Sei in “Freud evoluzionista?”

“Come Freud stesso ebbe a dichiarare, lo studio dell’opera di Darwin sull’evoluzione era stato il motivo determinante della sua scelta di una carriera scientifica” (E. Jones, Vita e opere di Freud (1953), vol. III, trad. A. Novelletto, Il Saggiatore, Milano 1962, p. 367).

Sono parole dell’agiografo di Freud, quindi da prendere con le molle. In effetti, è lo stesso Freud a riferire che fu la lettura del saggio di Goethe sulla natura a orientare l'indeciso liceale verso le scienze naturali (Cfr. S. Freud, "Die Traumdeutung" (1899), in Sigmund Freud Gesammelte Werke, vol. II/III, Fischer, Frankfurt a.M. 1999, p. 443. Sul ritorno in Freud dell'epistemologia di Goethe ci sarebbe ancora qualcosa da dire e non è escluso che riprenda l'argomento in questo sito). Nel caso della citazione da Jones, inoltre, a renderla meno attendibile, ricorre un pregiudizio molto comune nella ricezione del paradigma darwiniano. L’opera di Darwin riguarderebbe l’evoluzione. Il buon senso, che non legge i testi, ma si basa sul sentito dire dell’opinione corrente, ignora che nelle 550 e più pagine di On the Origin of Species by Means of Natural Selection il termine evolution non compare mai. Compare solo il participio passato evolved, per esempio nell’ultimo capitolo (cap. 7): That many species have been evolved in an extremely gradual manner, there can hardly be a doubt. (Ricordo l'incipit di un classico della Sintesi Moderna: Natural Selection is not Evolution. R.A. Fisher, The Genetical Theory of Natural Selection, 1930. Nel capitolo X della Origin of species Darwin introduce il termine tecnico di Transmutation, che non ha alcun significato di "progresso"). Ma al buon senso fa comodo crearsi un Darwin fantoccio, evoluzionista e teleologico, per meglio combatterlo, magari in nome di qualche disegno intelligente. È un trucco adottato persino da Lacan, per il quale il pensiero di Darwin fu finalistico, dominato com’era dall’idea del progresso verso forme di vita superiori (Cfr. J. Lacan, Le Séminaire. Livre II (1954-1955), Seuil, Paris 1978, pp. 35, 50, 101), quindi da espungere dalle considerazioni dottrinarie. (1)
Ma prendiamo provvisoriamente per buone le parole di Jones. Freud esordisce con un autentico interesse scientifico, nella fattispecie per la teoria evoluzionistica di Darwin. Ma si iscrive alla facoltà di medicina. È una questione di lotta … darwiniana per la sopravvivenza. Infatti, Freud non è ricco e deve guadagnarsi da vivere. Perciò intraprende la strada della medicina. Tuttavia, è difficile che un autentico interesse scientifico sopravviva al bombardamento eziologico e deterministico dell’insegnamento medico. Allo spirare dei sei anni di studi medici, il giovane candidato alla professione ippocratica ne esce conformato al più vieto aristotelismo: il medico è pagato per trovare sedi e cause dei processi morbosi, Non è questo il titolo del capolavoro di G.B. Morgagni? Freud fece eccezione? Resistette alla conformazione medica? A giudicare dal suo scritto del 1926-27 sulla Questione della psicanalisi laica, tradotto in italiano Problema dell’analisi condotta da non medici, sembrerebbe che Freud fosse sfuggito alla presa della medicalizzazione. Ma a volte le apparenze ingannano.
Ammettiamo, ancora provvisoriamente, che Freud abbia eccezionalmente conservato un “autentico interesse scientifico”. La congettura non è inverosimile ma neppure dimostrabile con certezza. Tuttavia, il Progetto per una psicologia del 1895, dedicato al suo mentore berlinese, Wilhelm Fliess, otorinolaringoiatra in teoria, sturanasi in pratica, non smentisce l’ipotesi che all’alba dei 40 anni Freud nutrisse ancora un autentico interesse scientifico. Che fine farà?
La fine prestabilita di ogni transfert. Avendo avuto come analista un medico, Freud finirà con l’identificarsi non ai dettagli esteriori ma alla struttura profonda del sapere medico. Conseguenza? La teoria psicanalitica, che aveva esordito come buona teoria scientifica, inventando l’inconscio come sapere che non si sa di sapere, assume nella metapsicologia delle pulsioni l’assetto definitivo di teoria medica: la causa è l’agente, l’effetto l’agito. Le pulsioni, infatti, non sono istinti biologici. Sono cause metafisiche prima che metapsicologiche, per l’esattezza sono principi aristotelici. Le pulsioni sessuali non sono istinti, sottoposti alla selezione darwiniana, ma cause efficienti. Producono un’improbabile soddisfazione sessuale, sempre parziale. La pulsione di morte è addirittura antibiologica, essendo la causa finale, teleologicamente orientata allo smorzamento delle tensioni psichiche.
A questo punto, divenuto eziologico, Freud cessa di essere darwiniano, ammesso che lo sia mai stato. In Darwin, infatti, non c’è traccia di eziologismo. La stessa selezione naturale non funziona da causa, ma da vincolo dell’evoluzione di una popolazione. All’interno di una popolazione, insediata in una particolare nicchia ecologica, tendono a riprodursi più di altri quei soggetti che hanno certe caratteristiche favorevoli di fitness. Aumentano in proporzione, cioè, gli individui più fecondi. La struggle of existence non è una lotta inter- e intraspecifica, che produce la vittoria degli individui più forti, come vorrebbe una certa versione nazista del darwinismo sociale, ma è il lavoro necessario per acquisire risorse da un pool comune limitato. La lotta per l’esistenza porta abitualmente allo stabilirsi di un equilibrio interno ed esterno alle popolazioni, per esempio l’equilibrio oscillante tra prede e predatori.
Quindi, quando Stephen Jay Gould si interroga sulla Fantasia evoluzionista di Freud, si pone una domanda retorica. Non ci sono fantasie evoluzioniste in Freud, perché nel pensiero freudiano, che è eziologico, mancano i presupposti per pensare in termini di variabilità individuale e di selezione naturale. L’effetto è sempre unico anche quando le cause sono molte – Freud lo chiamava sovradeterminismo. In Freud funziona apparentemente lo stereotipo lamarckiano, questo sì evoluzionista e finalistico, fondato sulla trasmissione alla prole dei caratteri acquisiti dai genitori – una teoria già allora definitivamente confutata. Perché Freud, uomo di scienza, regredì a un paradigma scientifico superato? Perché apparentemente optò per il lamarckismo? Perché dico apparentemente? Credo di poter rispondere a queste domande.

Cito ancora da Jones, che riferisce quanto rispose Freud nel 1938 alle sue obiezioni: “E' vero che questo stato di cose è reso di interpretazione ancora più difficile dalle attuali condizioni della scienza biologica, la quale ripudia come falsa l’idea che i caratteri acquisiti possano essere trasmessi ai discendenti, ma io devo ammettere, in tutta modestia, che ciononostante non posso descrivere lo sviluppo biologico senza tener conto di questo fattore.” (cit., p. 371). Da qui risulta evidente che la preoccupazione del vecchio Freud non era la scelta teorica tra lamarckismo e darwinismo. Da quando aveva reindossato – in realtà non aveva mai dismesso – il camice bianco del medico, l’inventore della psicanalisi non aveva più preoccupazioni scientifiche. A Freud interessava solo mantenere in vita il “fattore causale”. Perché? Per spiegare la trasmissione del senso di colpa dovuto al parricidio originario e di tutte le altre freudianerie più o meno eziologiche, più o meno mitologiche (per sua stessa ammissione, “le pulsioni sono i nostri miti”), tutte più o meno collegate alla “eredità arcaica” (arkaische Erbschaft). Meglio del darwinismo, allora, il lamarckismo gli consentiva di salvaguardare l’assetto eziologico della propria dottrina sotto forma di costruzione pulsionale.

All’eziologismo, infatti, basta poco per funzionare. Anche una causa mitica va bene. La castrazione, il parricidio, il mito “darwiniano” dell’orda, tutto fa brodo. Alla trasmissione degli effetti ci pensa lui, il principio di ragion sufficiente. È sufficiente una causa qualunque, perché ci siano degli effetti e la loro concatenazione eziologica simuli addirittura l’evoluzione culturale. La trasmissione genetica dei caratteri acquisiti funzionava da causa universale che spiegava tutto e di più (2). Una vera manna per il dottor Freud. L’eziologismo era garantito meglio da Lamarck che da Darwin – ripeto. Poco importa che all’epoca Lamarck fosse definitivamente confutato. A Freud non interessava Lamarck. A Freud interessava Aristotele. (3)

*
Se fu darwiniano, Freud lo fu di seconda mano.
Il darwinismo freudiano derivava da quello fantasioso di Haeckel, coniugato a quello schematico (iperselezionista) di Weismann, che Freud cita nel suo Al di là, ma senza mai nominare la deriva selezionista. Da Haeckel, seppure mai citato, dal suo famoso proverbio che l’ontogenesi ricapitola la filogenesi, Freud trasse ispirazione per la sua “teoria” della ricapitolazione psicologica. Nella Lezione XIII del 1916 afferma: “Ciascun individuo nella sua infanzia ripete in certo qual modo in forma abbreviata l’intero sviluppo della specie umana” (S. Freud, “XIII Vorlesung. Archaische Züge und Infantilismus des Traumes” (1916), in Sigmund Freud Gesammelte Werke, vol. XI, Fischer, Frankfurt a.M. 1999, p. 203). Freud non ha ancora inventato la coazione a ripetere. La inventerà in Al di là del principio di piacere del 1920. Ma cosa c’è di meglio della ripetizione, sotto forma di ricapitolazione, per garantire la trasmissione degli effetti a partire da una causa originaria? In una nota del 1938 Freud è ancora più pittoresco: “Con i nevrotici è come se ci trovassimo in un paesaggio preistorico: per esempio, nel Giurassico. I grandi sauri stanno ancora correndo attorno; gli equiseti crescono alti come palme.” (S. Freud, “Ergebnisse, Ideen, Probleme” (1938), in Sigmund Freud Gesammelte Werke, vol. XVII, Fischer, Frankfurt a.M. 1999, p. 151). Benvenuta la ricapitolazione filogenetica come ripetizione del nulla ontologico! Nel Giurassico non c’erano ancora ominidi e i primi piccoli mammiferi (ancora rettiliformi o rettili mammaliani), comparsi 200 milioni di anni fa alla fine del Triassico, cercavano a stento di non finire nelle fauci dei grandi dinosauri.
Rimando al saggio critico di Gould, La fantasia evoluzionista di Freud, (in S.J. Gould, I have landed (2002), trad. I.C. Blum, Codice, Torino 2009, pp. 141-155) per la decostruzione del lamarckismo freudiano in veste haeckeliana, ruotante attorno alla pseudonozione di “eredità arcaica” – arkaische Erbschaft, termine introdotto dalla coazione eziologica freudiana nel saggio del 1919“Un bambino viene picchiato” e conservato fino alla fine della vita. (4) Mi limito qui a segnalare la simmetria tra Darwin e Freud, che li pone su piani antitetici. Darwin presuppone che i caratteri ereditari vengano trasmessi (poco) modificati dai genitori alla prole. Freud, invece, presuppone che i caratteri, anche acquisiti, vengano trasmessi immodificati per generazioni e generazioni. Si può, in estrema sintesi, dire che quello darwiniano è il mondo eracliteo del divenire, mentre quello freudiano è il mondo parmenideo dell’essere. Il che può sembrare molto strano, se riferito al promotore della più grande rivoluzione epistemica della modernità dopo quella cartesiana. È questo probabilmente il segno della resistenza di Freud alla propria stessa scienza. Ha funzionato in Freud una sorta di rovesciamento epistemico, parente del ritorno del rimosso da lui stesso inventato. Freud non voleva saperne di una scienza del sapere che non si sa di sapere. Il non sapere di sapere - cioè l'ipotesi dell'inconscio - tornava a lui come non voler sapere. Lui stesso non ne voleva sapere di psicanalisi – bisogna alla fine concludere. E' un meccanismo di autoinganno, tipico della scienza dell'ignoranza, che funziona al meglio se mascherato da qualche principio eziologico forte. (5) Allora l'autoinganno mostra tutta la sua evidenza ... che non di dà a vedere: quella di essere una falsità non falsificabile.

Acquisito un punto contro la tesi “Freud darwiniano”, mi permetto di sconsigliare ad amici e colleghi qualsiasi contaminazione tra darwinismo e freudismo. Sarebbe un modo di far regredire Darwin a Lamarck, senza far guadagnare al freudismo nessuna quota di scientificità. Le ragioni che sconsigliano tale operazione, per altro non nuova e di corto respiro, risultano ancora più evidenti e probanti dall'analisi della “fantasia” evoluzionista di Freud, proposta come congettura scientifica nel 1915. Mi riferisco allo scritto metapsicologico Sintesi delle nevrosi di traslazione, nato da un infelice scambio di idee con Ferenczi (l'allievo più medico del maestro), supposto perduto e purtroppo ritrovato tra le carte di Enid Balint e nel 1984 pubblicato da Ilse Grubrich-Simitis.
Il delirio eziologico freudiano si concentra nella seconda metà dello scritto, dove alla serie delle malattie mentali: isteria d’angoscia – isteria di conversione – nevrosi ossessiva – dementia praecox – paranoia – malinconia-mania, Freud fa corrispondere la serie complementare di eventi immaginari nella preistoria dell’umanità. La sintesi tra le due serie, condivisa da Ferenczi,  consisterebbe nel “far concordare i tipi di regressione nevrotica con le tappe della storia filogenetica dell’umanità”. Cito i passi iniziali e finali dei corrispondenti paragrafi.

“1. La nostra prima enunciazione sarebbe dunque che l’umanità, per effetto delle privazioni sopravvenute con l’epoca glaciale, divenne generalmente angosciata. […] La riflessione filogenetica … ci fa supporre che alcuni bambini portino con sé il sentimento di paura che è proprio dell’inizio dell’epoca glaciale.
2. Man mano che i tempi diventavano sempre più duri, dovette iniziare negli uomini primitivi minacciati nella loro esistenza il conflitto tra l’autoconservazione e il piacere di procreare, che trova espressione nella maggior parte dei casi di isteria. […] All’isteria di conversione regredisce allora chi vi è predisposto, specialmente la donna, per via dei divieti che vogliono escludere la funzione genitale, mentre precoci impressioni fortemente eccitanti urgono verso l’attività genitale.
3. L’ulteriore evoluzione … riguardò prevalentemente l’uomo. Dopo che ebbe imparato a risparmiare libido e a degradare l’attività sessuale, facendola regredire a una fase precedente, divenne fondamentale esercitare l’intelligenza. […] I caratteri di questa fase dell’umanità si ripetono ora nella nevrosi ossessiva.
4. Per le altre nevrosi narcisistiche … ci viene in aiuto l’ipotesi che la predisposizione ad esse sia stata acquisita da una seconda generazione… la quale ha inizio con i figli che il padre primordiale geloso non tollera. […] Possiamo immaginare che l’effetto della castrazione in quell’epoca primordiale fosse l’estinguersi della libido e un arresto dello sviluppo individuale. Questo stato sembra ripetersi nella dementia praecox. […]
5. Il passo successivo poté solo essere che i figli minacciati si sottrassero alla castrazione con la fuga e, alleatisi tra di loro, impararono ad affrontare la lotta per la vita. La loro convivenza generò i sentimenti e si costruì sulla base del soddisfacimento omosessuale. […] Questa condizione è visibilmente restituita dalla paranoia. […]
6. Se si osserva il tipico alternarsi di depressione ed euforia nella melanconia-mania, è difficile non rammentare la reciproca successione di trionfo e lutto , che è una costante regolare delle festività religiose. Lutto per la morte del dio, gioia trionfale per la sua resurrezione.”

Difficile sfuggire all’impressione di delirio di fronte alla ricostruzione filogenetica freudiana. (Lo psichiatra parlerebbe di “formazione deliroide”, simile ai deliri confusionali degli alcolisti). Davanti a questa teoria il grande fisico teorico Wolfgang Pauli sentenzierebbe: “Neanche sbagliata” (Nicht einmal falsch). Tuttavia, poco importa quanto insensate e inconsistenti siano all'inizio le congetture scientifiche. Statu nascenti sono tutte deliranti. Cosa c’è di più irrazionale e indimostrabile del principio di inerzia in fisica? Perché accettare come scientifico il principio d’inerzia e rigettare come non scientifico il delirio filogenetico di Freud? Dove sta la linea di demarcazione tra scientifico e non scientifico? La giustificazione della differenza è semplice, ma è nachträglich, differita. (Perciò, non avendo avuto sensibilità per la funzione del tempo né storico né epistemico, né individuale né collettivo, Popper non la vide). Il principio di inerzia, diversamente dal delirio freudiano, è scientifico perché si è dimostrato fecondo. Formulato incertamente da Galilei, successivamente precisato da Cartesio, il principio di inerzia si presentava inizialmente come enunciato delirante. Era delirante pensare un moto senza causa che durava all’infinito nel tempo e nello spazio. Era delirio non ammettere motori o cause efficienti del moto. Era delirante convocare l’infinito che già Aristotele aveva dimostrato incompatibile con il funzionamento eziologico (Metafisica, libro II). Ma nonostante l’esordio delirante, il principio di inerzia si è dimostrato fecondo. Ha, infatti, successivamente generato la fisica moderna. Le congetture metapsicologiche freudiane, invece, si sono dimostrate nel tempo sterili, quindi scientificamente false. (6) Hanno generato solo divisioni del movimento psicanalitico in scuole psicanalitiche tra loro rivali: da una parte quelle che le accettavano, dall’altra quelle che le rifiutavano. Ma accettare non è affermare e rifiutare non è confutare. Della normale dialettica scientifica della corroborazione e confutazione congetturale non si trova nessuna traccia né nelle une né nelle altre. (7) Secondo la moderna epistemologia, il vizio di Freud non fu di aver escogitato congetture scientifiche deliranti. Fu di non averle sottoposte al normale vaglio della comunità scientifica. (8)

Il mio discorso è semplice e si articola in due punti: uno positivo, l'altro negativo. Il soggetto della scienza ha diritto a delirare. Il delirio è il momento positivo di produzione delle congetture nuove. Il soggetto della scienza ha diritto a delirare per pensare l’impensabile – per esempio, la divisione tra soggetto individuale e soggetto collettivo. Ma ha anche il dovere di sottoporre il proprio delirio alla confutazione da parte del collettivo di pensiero (Denkkollektiv, secondo Fleck) in cui vive e opera. E' questo il momento negativo in cui le nuove congetture sono sottoposte al vaglio della critica e della confutazione mediante controesempi o controdeduzioni.

Da padre dell’orda psicanalitica, Freud ha esercitato il proprio diritto a delirare, ma si è sottratto al dovere scientifico della confutazione delle formazioni deliranti, … dimostrando che erano deliranti. Risultato: ha generato tanti piccoli padri deliranti, ognuno dei quali si autoeleggeva a vero e unico figlio del padre Freud. E, in quanto prosecutore del delirio freudiano, lo era veramente figlio di Freud, anche quando modificava arbitrariamente le formulazioni freudiane originali o sceglieva le une e rigettava le altre. La scienza psicanalitica, che metta in vigore il metodo delle confutazioni congetturali, valido in ogni altra branca scientifica, non era ancora nata. E non nascerà prima che finisca l’era dei padri, che hanno prodotto le piccole orde psicanalitiche, spacciate per scuole di formazione psicanalitica.

Stephen J. Gould conclude il suo saggio proponendo questo semplice esperimento mentale:

“Provate a riscrivere la ‘fantasia filogenetica’ spogliandola della qualità letteraria della magistrale prosa freudiana e mettendo sopra al titolo il nome di un illustre sconosciuto: il saggio non sarà degnato della minima attenzione. Il fatto è che viviamo in un mondo di privilegio dove solo i grandissimi pensatori si conquistano il diritto di commettere grandissimi errori” (cit., p. 155).

Gould contesta il privilegio del padre. Forse la ribellione contro il padre non è la strategia migliore per introdurre o introdursi alla scienza. Si rischia la levata di scudi dei lacaniani ortodossi, che contestano la scienza per la fuorclusione del Nome del Padre. Più efficiente sarebbe una riforma dell’intelletto alla Spinoza. In questo sito si auspica una riforma basata sull’indebolimento dei principi ontologici di ragion sufficiente e del terzo escluso, magari per evidenziare l’insufficienza delle ragioni addotte dal padre – le cosiddette “ragioni profonde” dell’inconscio. (9)

Note

(1) La ricezione di Darwin in Francia non fu delle più felici, quasi certamente perché era inglese. Lo sciovinismo francese è proverbiale. Allo sciovinismo si unisce in questo caso una retriva resistenza alla scienza. Lacan arriva a enunciare una fesseria colossale, ossia che Darwin incorporò nella propria teoria la nozione di struggle of life, perché apparteneva a una nazione di corsari. (Cfr. J. Lacan, Le Séminaire. Livre I (1953-1954), Seuil, Paris 1975, p. 200). In generale, tuttavia, non bisogna dimenticare che le resistenze al darwinismo derivano da una fonte precisa, che supera i confini nazionali: la resistenza a pensare in termini probabilistici, a sua volta frutto della tenacia a pensare, in primo luogo, in termini di essenze – una forma di pensiero che esclude considerazioni di variabilità – e, in secondo luogo, in termini eziologici – l’antico scire per causas, che esclude a priori l’esistenza di fenomeni variabili in modo spontaneo. (Torna su)
(2) Spiegare tutto. Già questa premessa ci sposta fuori dal campo scientifico. La scienza moderna è incompleta. Non spiega, non deve spiegare tutto, pena la contraddizione (teorema di incompletezza di Gödel). Spiegano tutto, invece, le religioni e le ideologie a servizio del potente di turno, al quale non interessano tanto le contraddizioni ma solo la possibilità di ingannare i soggetti per meglio governarli. (Torna su)
(3) In teoria, non c’è bisogno di scomodare Lamarck per spiegare l’ereditarietà dei caratteri acquisiti. Basta Darwin. Il ragionamento che segue dimostra che non era un interesse scientifico quello che spingeva Freud verso il lamarckismo. Consideriamo un esempio semplice. 600.000 anni fa qualche ominide impara a dominare il fuoco. Chi usa il fuoco ha vantaggi in termini di sopravvivenza rispetto a chi non sa come si usa. Chi sopravvive tramanda la conquista del fuoco ai discendenti. Un esempio appena poco più complesso. 10.000 anni fa avviene la rivoluzione agricola, che mette a disposizione di Homo sapiens cibi ricchi di amido (a loro volta da cuocere al fuoco). Sopravvivono più facilmente gli individui ricchi di amilasi, che digerisce l’amido. Pertanto la loro discendenza è più numerosa. A loro volta le tecniche agricole si tramandano più facilmente a chi è più ricco di amilasi. Questo è un esempio dell’interazione tra biologia e cultura, che non viaggiano su piani indipendenti, nel senso che la biologia deve adattarsi al nuovo ambiente modificato culturalmente, tramandando le modifiche culturali. Tutto sommato, il darwinismo è una variante di logica epistemica, dove il sapere nuovo - sotto forma di nuove congetture da mettere alla prova - si produce per deriva genetica e si conserva o si trasmette, se si conserva o si trasmette, per selezione di quello più efficiente. (Torna su)

(4) Oggi l'eredità arcaica si misura come quantità di DNA comune a due generazioni. L'eredità arcaica condivisa tra l'uomo e gli scimpanzé, separatisi dall'antenato comune circa sei milioni di anni fa, è dell'ordine del 99,3%. Ma nonostante questa imponente "causa comune" gli effetti sono ben diversi nell'uomo nell'uomo e nello scimpanzé. Si calcola che la differenza tra uomo e scimpanzé stia in 15 milioni di basi nucleotidiche su tre miliardi. E' una piccola differenza quantitativa che fa una grande differenza qualitativa. Le società di scimpanzé sono costruite su modelli diversi da quelle umane. Sono generalmente meno aggressive di quelle umane (soprattutto nei piccoli scimpanzé) e non vi si trovano tracce di complessi freudiani come l'Edipo e la castrazione. Probabilmente l'eredità arcaica spiega cose diverse da quelle che Freud fantasticava nei suoi romanzi familiari. (Torna su)

(5) Was habe ich Armer mit Wissenschaft zu tun? “Povero me, cosa c’entro io con la scienza?” si chiedeva il medico Groddeck sin dalla prima pagina del Libro dell’Es. Freud, che apprezzava Groddeck, avrebbe dovuto chiedersi sul suo esempio: “Povero me, cosa c’entro io ormai con la psicanalisi?” Un rilancio epistemico della psicanalisi potrebbe partire dalla riformulazione del famoso motto freudiano (goethiano) Wo es war, soll ich werden. Propongo: Wo Es wusste, soll ich werden, Dove esso sapeva, devo avvenire io. (Torna su)
(6) Da notare che qui applico a Freud stesso il principio freudiano di verità, esposto in Costruzioni in analisi (1937). Una costruzione in analisi non è vera se coincide con la ricostruzione realistica della biografia del soggetto, ma è “vera” analiticamente
se produce l’affiorare di nuovo materiale inconscio. In psicanalisi non vale il principio aristotelico di verità come adeguamento alla cosa che c'è. Vale il principio di verità come apertura al nuovo sapere, che io chiamo principio di fecondità. Il primo è un principio ontologico, il secondo epistemico. (Torna su)
(7) Questa parvenza di vita artificiale del movimento analitico, che si estrinsecava in diatribe dottrinarie tra ortodossi ed eterodossi, tutte condotte all’interno degli orticelli scolastici e senza nessuna eco all’esterno (a parte le curiosità perverse di qualcuno che si deliziava a scrivere libri neri della psicanalisi), si è da lungo tempo esaurita. Da quarantacinque anni, cioè dalla scomunica di Lacan nel 1963, in psicanalisi non si registrano più eresie. Forse non si registra più psicanalisi. Questa, secondo me, è l’ultima conseguenza dell’opzione medica di Freud. Che in un primo momento ha reso la psicanalisi appetibile e appetita. La psicanalisi offriva, infatti, un premio narcisistico a chi si sottometteva alla sua lunga prassi: la possibilità, contrabbandata come cura, di scrivere il proprio romanzo autobiografico. Ora questo inganno non funziona più. Chi vuole curarsi veramente va da uno psicoterapeuta, meglio se non psicanalista, che costa troppo e non conclude. La psicanalisi medica è morta. Perché torni a vivere, la psicanalisi deve diventare scientifica. (Torna su)
(8) La vera colpa di Freud fu di non aver fondato una comunità scientifica. A sua parziale giustificazione si può dire che, essendo medico, Freud non conosceva le comunità scientifiche ma solo quelle professionali. Allora fondò una comunità esoterica, basata sull’insegnamento magistrale. Gli allievi che lo contestarono – per primi Adler e Jung – condivisero la stessa colpa. Anche loro non fondarono comunità scientifiche ma ancora una volta e ogni volta comunità magistrali, basate sull’insegnamento dottrinario incontrovertibile. Il modello magistrale arriverà fino a Lacan, che nel 1963 fonderà l’ultima scuola di psicanalisi di una certa consistenza. (Torna su)
(9) “Le “ragioni profonde” dell’inconscio sono l’anello di congiunzione tra psicanalisi e medicina. Consentono di trattare l’invenzione dell’inconscio in termini medici, cioè eziologici. Si chiama psicodinamica ed è da dimenticare. (Torna su)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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