LA PSICANALISI SECONDO
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"TU PUOI SAPERE CON I TUOI OGGETTI"
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Vieni da "sapere degli oggetti" o dal suo "aggiornamento intuizionista". Sei in "oggetti al plurale." L'oggetto non è Uno. Questo è l'assioma che il discorso scientifico contrappone alla metafisica classica, ultimamente teologica, codificata per esempio da Plotino. E' talmente rilevante l'enfasi da tale metafisica portata sull'Uno, che scompare anche l'oggetto. Da allora pesa sulla filosofia la condanna a essere un discorso senza oggetto. E' tipica la fenomenologia, che si estenua a trattare la Frage del soggetto, fino a diventare un discorso solipsistico. (Cfr. E. Husserl, "I paradossi della soggettività umana" in Crisi delle scienze europee, § 53). La psicanalisi dovrebbe saper correggere questa deriva astratta, se lei stessa non si riducesse, come in Lacan, a fenomenologia. Paradossalmente i fenomenologi parlano a iosa di esperienza - Erlebnis, tradotto "vissuto" - ma la loro è un'esperienza o vuota o autoreferenziale. Gli psicanalisti scimmiottano i fenomenologi quando parlano di esperienza dell'oggetto originariamente perduto o di un astratto manque. Dove lo zero si dimostra equivalente all'uno. L'ombra dell'Uno cade preferibilmente sul lacanismo. La dottrina lacaniana dell'oggetto perduto lascia libero campo allo strapotere dell'Uno. Uno è il significante principale. Uno è il Nome del Padre. L'Uno genera la scienza. Al punto tale l'Uno è radicato nella fenonomenologia psicanalitica di Lacan che, quando "il maestro" avvertì la possibilità, forse la necessità, di tenere un discorso sui "Nomi del Padre"- al plurale - fece marcia indietro e interruppe il seminario (prendendo la scusa della scomunica). Naturalmente, la versione ufficiale è più nobile. Parla della sospensione di Lacan dalle funzioni di didatta della Società Francese di Psicanalisi - 1963 - e di protesta del medesimo che cambia sede e titolo del suo Seminario da Il Nome del Padre a I quattro concetti fondamentali della psicanalisi. (Da un titolo innovativo al solito e ripetitivo commento filosofico dei testi freudiani). Io non ho nulla nè a favore nè contro l'Uno. L'Uno mi è profondamente indifferente. Non dico di dimenticare l'uno; dico di pensare agli "uni". Ma non è facile tenere un discorso non-uno. Il filosofo vi avverte il rischio della disgregazione del proprio discorso. Alla decadenza dell'Uno anche lo psicanalista ben formato, che teme di perdere l'unità e l'unicità della propria dottrina, da cui deriva la propria identità personale e professionale, si oppone in tutti i modi. Nasce così la resistenza alla psicanalisi, tipica dell'analista, che assume le forme di opposizione all'innovazione scientifica. Scendendo più terra terra, ci si oppone alla decadenza dell'Uno anche con la patologia psicologica. L'esempio paradigmatico è l'erotomania. Non a caso patologia squisitamente femminile, l'erotomania riflette, negandolo, lo statuto ontologico non-uno del femminile. Le donne amano l'Uno, il padre, e vogliono essere amate da lui come uniche. Proprio loro, che più dei maschi sono prossime al non-uno, mantengono in essere l'istanza dell'Uno. (Non-uno, in sostanza, vuol dire che non esiste l'essenza. Che non si può unificare la "cosa" nel nome di qualcos'altro. Le donne esistono, ma non esiste la loro essenza, se non come profumo di donna). Come si indebolisce questo discorso? Occorre innazitutto presupporre che lo si voglia indebolire. Quel che segue è un discorso per gli uomini, e soprattutto per le donne, di buona volontà. Qui, alle soglie del riconoscimento della pluralità degli oggetti del desiderio, stà il passaggio decisivo per l'analista. Deve decidere cosa tenere e cosa abbandonare della dottrina freudiana. L'autore di questo sito ha fatto le sue scelte. Lascia decadere il concetto di pulsione, in quanto finalistico e prescientifico. L'oggetto non si definisce in base a una forza costante che mira a utilizzarlo per ottenere la soddisfazione. L'oggetto scopico non è la meta della pulsione scopica o esibizionistica. L'oggetto orale non è la meta della pulsione orale. L'oggetto anale non è la meta della pulsione anale. Lasciamo le mete e il telos ai filosofi. Come si vede, il discorso freudiano delle pulsioni, oltre a essere finalistico, è anche autoreferenziale: la pulsione, in fondo, si soddisfa su stessa, senza bisogno di oggetto. In questo Freud non è scientifico, ma ... fenomenologo. Fa un discorso senza oggetto. Sulla scia di Freud Lacan parlerà di oggetto originariamente perduto. Ancor più aristotelico di Freud, Lacan sostituisce il moto "imperfetto" dalla zona erogena alla meta della soddisfazione con il moto "perfetto" circolare. Il moto pulsionale non è quello della freccia che si stacca dalla corda dell'arco e va a colpire il bersaglio. E' il moto perfetto dei corpi celesti - circolare. La pulsione si soddisfa in un un moto circolare di andata e ritorno, come la Luna intorno alla Terra. Quindi, il discorso pulsionale - comunque lo si rigiri - è da lasciar cadere, perchè prescientifico. Cosa conservare di Freud, allora? Qui ho pochi dubbi. Conserviamo di Freud il senso dell'umorismo, quello che gli fa scrivere il saggio sul Witz e sulla psicopatologia della vita quotidiana o gli suggerisce interpretazioni oniriche spiritose, magari contro la sua stessa teoria. Un primo approccio, debolmente spiritoso, alla questione della pluralità degli oggetti è la nostra distinzione tra oggetti finiti e infiniti. Come fa un feticcio, cioè un oggetto finito, a soddisfare un desiderio potenzialmente infinito? Lo soddisfa per finta, nel caso del perverso, che non vuole avere la responsabilita di desiderare di più, o attraverso la ripetizione dell'identico, nel caso del collezionista ossessivo, che vuole garantirsi la soddisfazione infinita, ripetendo indefinitamente il finito. Freud fu un collezionista. Nulla di strano che parlasse di coazione a ripetere per localizzare la sua pulsione di morte. L'oggetto niente è poi particolarmente adatto nel caso dell'isteria per soddisfare il desiderio di avere un desiderio insoddisfatto. (L'anoressia è un'isteria un po' più inibita). Il niente, come lo zero in matematica, ha proprietà analoghe all'infinito, nel senso che è multiplo di ogni numero. Propriamente parlando l'oggetto del desiderio è infinito. E' per la via dell'infinitezza, attraverso la sua connaturata variabilità, che si guadagna la pluralità intrinseca degli oggetti. ? L'infinito è un oggetto non categorico. Possiede numerosi, anzi infiniti, modelli non equivalenti. Ogni modello dell'infinito è un oggetto del desiderio. Ergo gli oggetti del desiderio sono infiniti. Variano all'infinito. Tipicamente sono oggetti del desiderio gli spazi. Questa sembra un'enuciato matematico. In realtà un matematico precartesiano non l'avrebbe potuta concepire, non più di quanto uno psicologo aristotelico, cresciuto alla scuola di von Brentano, potrebbe concepire un desiderio inconscio. Infatti, la matematica antica considera figure dentro a uno spazio, non concepisce pluralità di spazi. E' come la psicologia antica che non concepisce desideri al di là della portata intenzionale della coscienza. (Insisto sull'analogia anche per non far sembrare peregrino l'approccio matematico al desiderio). L'oggetto scopico, o dello sguardo, è lo spazio visivo in cui il soggetto è immerso. La fenomenologia qui ha avuto l'intuizione giusta. L'essere guardati precede il guardare. L'esibizionista precede il voyeur. Il primo è visto da ogni punto dello spazio, il secondo tenta di vedere tutto lo spazio da un unico punto di vista - il buco della serratura, per esempio. L'oggetto fonico, o della voce, è lo spazio sonoro in cui il soggetto è immerso. La metapsicologia freudiana delle pulsioni qui è rimasta muta, forse perché Freud era musicalmente sordo. La fenomenologia se l'è cavata meglio, ma non di molto, ponendo nel logos l'unità vivente di pensiero e voce. (cfr. J. Derrida, La voce e il fenonemo, a cura di G. Dalmasso, Jaca Book, Milano 1968, p. 108). Gli oggetti orali e anali (meglio, escrementizi) sembrano riportare al feticcio. Ma nella storia del soggetto si infinitizzano, distribuendosi nel tempo. "Quando arriverà la tetta?", "La cacca è arrivata, ma è stata una sorpresa inattesa. Da dove viene?" Con gli oggetti orali e anali, meglio che con quelli scopici e fonici, si attiva e si perpetua l'attività congetturale (interpretativa) del soggetto sul desiderio dell'altro e sulle sue manifestazioni corporee. "Mi vuole mangiare? Mi vuole cagare? Vuole la mia cacca? ecc." Per contro gli oggetti scopici e fonici danno l'avvio a un'attività congetturale di tipo sublimatorio. La sublimazione è una metafora: sostituisce uno spazio con un altro. Lo spazio della produzione anale è sostituito dalla produzione scopica e nasce la pittura. Lo spazio della produzione alimentare è sostituito dalla produzione fonica e nasce la musica e il canto. In comune, gli oggetti del desiderio hanno un carattere spaziale. Direi "in estensione" se non avessi timore di essere frainteso come proponente di un discorso quantitativo e metrico. No, intendo "estensione" come contrapposto a "intensione", come la "res extensa" si contrappone alla "res cogitans". Così gli oggetti oro-anali si estendono nello spazio dei profumi o delle essenze, l'oggetto scopico nel campo visivo, l'oggetto fonico nel campo delle sonorità. Ma non è facile da cogliere questa concettualizzazione. Il soggetto si chiede: "dove veramente si trova l'oggetto nello spazio oggettuale?" "Dove la tetta nello spazio dei feromoni? dove la voce, nello spazio dei rumori? dove lo sguardo nello spazio che mi guarda?" Sono queste le domande che danno l'imprinting alla futura ricerca scientifica del soggetto - a quel poco di attività di ricerca che sopravvive al massacro scolastico delle potenzialità intellettuali del bambino, inferiore solo al massacro scolastico del giovane analista che entra nelle scuole di psicanalisi. Il soggetto avvia precocemente una ricerca sull'oggetto. Si assume così da subito un "compito infinito", in quanto l'oggetto è infinito. (E' anche un compito smisurato, perché le sue forze sono poche). A sua volta il soggetto che studia il proprio oggetto diventa l'oggetto di studio della psicanalisi, scientificamente intesa. Un "compito infinito" alla seconda potenza. Continua, mi auguro. Una possibilità concreta di continuazione del discorso è che i frequentatori del sito propongano dei contributi in riferimento ai singoli oggetti (o categorie di oggetti) del desiderio, questi strani oggetti così poco oggettivi, che il più delle volte restano misconosciuti dalla cultura "adulta" (leggi, accademica). La "lista impensabile", come la chiama Lacan nel suo testo sulla Sovversione del soggetto (in J. Lacan, Ecrits, Seuil, Paris 1966, p. 817), potrebbe iniziare così: Voce (con contributo di Laura Pigozzi) Sguardo (con riferimento a Rosella Prezzo) Merda Urina
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