LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"TU PUOI SAPERE, SE NON FAI LA GUERRA"
creata il 9 maggio 2009 aggiornata il 18 settembre 2009

 

 

Vieni da qualche pagina dove parlo male della causa.

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Il discorso antieziologico non ha solo una dimensione teorica e intellettuale di ordine epistemologico. Ha una rilevanza pratica e politica, come qui cerco di dimostrare.

È del 1932 un carteggio di Freud con Einstein, noto e accanito pacifista, confluito nel saggio a quattro mani “Perché la guerra?”
La posizione antropologica di partenza, che Freud assume, non è originale. È una posizione che risale a Hobbes e Spinoza e in tempi più recenti a Lorenz (cfr. Il cosiddetto male). E' la posizione dell’homo homini lupus. Con una variante secondaria che distingue il pessimismo freudiano dai precedenti e lo aggrava. Nell’uomo esistono pulsioni aggressive che la civiltà inibisce, sostiene Freud. Non potendo esternarle, l’uomo le rivolge contro di sé. Da qui il cosiddetto disagio nella civiltà. Tuttavia, le pulsioni aggressive devono essere esternate. Di questo si incarica lo Stato, che se ne appropria e le rivolge contro gli altri Stati. Da qui la guerra, espressione dell'aggressività non tra individui ma tra collettività.
La puerilità di questo schema sta tutta nella sua struttura eziologica. Presuppone una causa psichica della guerra – la pulsione aggressiva – come gli antichi presupponevano un virtus dormitiva nel papavero. Perché fa dormire il papavero? Perché ha la virtus di far dormire. Perché c’è la guerra? Perché c’è la pulsione alla guerra. Il discorso è chiaramente poco virtuoso, per non dire vizioso. Non è virtuoso perché è chiaramente tautologico. E se è tautologico è poco scientifico. Qui mi preme segnalare il punto dove nel modo più drammatico si evidenzia, anche a livello sociale, la miseria antiscientifica del discorso eziologico.

Il supposto stato naturale di guerra di tutti contro tutti, condensato nel motto homo homini lupus, è ideologico, cioè è funzionale alla giustificazione del potere attualmente dominante (dimostrazione per esercizio), oltre che chiaramente antiscientifico. Homo homini lupus è un motto che, per lo meno, non rende giustizia ai lupi, i quali nella famiglia dei canidi costituiscono la specie con più spiccate caratteristiche di socialità. I lupi vivono in branchi altamente cooperativi. Questo la filosofia di Hobbes lo ignora. E continuano a ignorarlo le filosofie recenti, che trascurano i dati scientifici, con la scusa sono oggettivi (quindi non riguardano il soggetto umano), quantitativi (quindi non riguardano la qualità della vita umana) e deterministici (quindi non fanno posto alla libertà dello spirito dell’uomo).
La concezione della natura dei filosofi non ha molto di naturale. Nelle loro escursioni metafisiche in campo biologico Merleau-Ponty e Derrida non citano Darwin. Sembrano non averne bisogno. Ergo, l’homo philosophicus è altamente innaturale. Di conseguenza, dalle teorie filosofiche non c’è da aspettarsi qualche soluzione applicabile alla natura dell’uomo, che è animale prima che spirituale. Nel corso dell’evoluzione, se vale il principio dell’antiselezione dei comportamenti negativi, l’atteggiamento di guerra di tutti contro tutti deve essere stato censurato. Una specie, dove viga la guerra di tutti contro tutti, anche se è mai è emersa nel corso dei millenni, non ha avuto molte chances di sopravvivere, ma era destinata ad autoestinguersi nel breve periodo. Ma questo i filosofi lo ignorano – vogliono ignorarlo.
Al fondo, l’errore comune ai filosofi e a Freud, che in questo è filosofico, è la presupposizione della discontinuità biologica tra animale e uomo. L’uomo non deriva dall’animale, quindi non ha in sé il buono e il meno buono dell’animale. L’uomo sta su un piedestallo superiore all’animale. L’uomo sarebbe superiore all’animale sia nel male sia nel bene. Così non si capisce da dove venga, l'uomo. Se non si sviluppa dall’animale, è stato forse creato da dio? Questa è la conclusione implicita, ma non detta, di tanti discorsi filosofici, che trascurano la biologia, anche se fatti da atei. E Freud, che pure si dichiarava ateo, era, a causa del suo eziologismo, costretto ad atterrare in territorio religioso – una religione particolare il cui dio era il dio del male invece che del bene.
Diverso è il discorso scientifico che presuppone la continuità biologica tra uomo e animale. I branchi di ominidi, sia gli australopitechi sia i primi Homo, per sopravvivere dovevano collaborare. Una partita di raccolta nella foresta o di caccia nella savana si fa in tanti. In tanti i Neandertal cacciavano il mammut. La preda era divisa tra tutti. Non c’era proprietà privata nel tardo Pleistocene, quindi non c’era guerra. La guerra comincia nell’Olocene con l’agricoltura e con la capitalizzazione dei prodotti della terra. L’accumulazione originaria, seppur selettivamente vantaggiosa, rispetto alla raccolta-caccia, è stata pagata con un risvolto negativo: la rivalità per i beni prodotti dalla terra. A questo punto, non c’è bisogno di ipotizzare pulsioni aggressive. Sarebbero pleonastici assunti ad hoc - adhoccherie diceva Quine. La guerra è semplicemente frutto dell’ignoranza. Si vuole ignorare che sul medio periodo è meglio collaborare con l’altro, invece che distruggere sul breve periodo i beni da lui prodotti.

La logica di guerra ignora la funzione del tempo. Dopo l'avvento della logica bellica la logica del tempo di pace persevera nella stessa ignoranza della dimensione temporale. Sembra che la logica - strumento di sopravvivenza anche per Nietzsche - non sia stata originariamente selezionata in chiave temporale – o epistemica, come preferisco dire. Aristotele ha inventato una logica atemporale, universale ed eterna, a esclusivo beneficio del padrone, che lo aveva assoldato come precettore del figlio, Alessandro, che sarà detto Magno. Con il risultato garantito che, appena il soggetto entra in una logica di tipo aristotelico - fortemente binaria, simmetrica rispetto ai valori di verità vero e falso - è automaticamente asservito al potere dominante. Freud lo chiamava Super-Io.

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L’ipotesi dell’aggressività originaria è dura a morire, quasi fosse il portato di una mentalità originaria, appunto, aggressiva. Segnalo una particolare versione di questa pervicace volontà di ignoranza.

È un fatto ormai acquisito. Il genere Homo ha avuto tante specie, alcune coeve e distribuite sugli stessi areali. Perché di una ventina di specie Homo è sopravvissuta sul lungo periodo un’unica e sola: Homo sapiens? La risposta del Disegno Intelligente - Dio ha creato l'uomo a sua immagine - è semplicistica, ma non è meno credibile dell’altra, apparentemente più scientifica: l’Homo sapiens ha debellato le altre specie, che erano più imbelli di lui.
Questa ipotesi è frutto dell’ignoranza della speciazione, un fenomeno tuttora largamente oscuro. Tuttavia, qualcosa si sa. Una condizione necessaria per la speciazione è l’isolamento geografico. Una popolazione, divisa da un ostacolo naturale che impedisca l’incrocio reciproco, grazie all’accumularsi di mutazioni genetiche si differenza nel tempo in due popolazioni differenti, che non sono più interfeconde. È l’ipotesi della genesi allopatrica delle specie secondo Ernst Mayr.
Allora è chiaro perché non ci sono specie “rivali” di Homo sapiens. Homo sapiens ha portato sulla terra una caratteristica innovativa: la tendenza alla migrazione. Non esistono barriere geografiche e spaziali per lui. Quindi, dopo di lui non si sono create e non si creeranno più altre specie umane. Le precedenti si sono estinte naturalmente, come testimonia la fine spontanea – “spontanea”, parola incomprensibile per gli eziologisti – dei Neandertal 30.000 anni fa.

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A questo punto viene da chiedersi: cui prodest? A chi serve mantenere in vita storture intellettuali come quelle dello stato di natura aggressivo? La risposta è semplice: al potere dominante. Il potere dominate fa un discorso semplice. “Lo stato di natura è pericoloso per la sopravvivenza. Se non ci fossi io a regolarlo e a tenerlo sotto controllo, tu non avresti possibilità di sopravvivere. Perciò ringraziami e obbediscimi, perché io ti salverò”. Un autoinganno, ovviamente. Secondo l'assioma della scienza dell'ignoranza, si vuole credere a questo mito fondatore della civiltà, per meglio non pensare. Sorprende che ci sia cascato anche Freud, che pure ha inventato lo strumento principe per trattare la scienza dell'ignoranza: la psicanalisi. L’unica giustificazione è che fosse obnubilato dal principio eziologico, che aveva ereditato dalla formazione medica e che da lui messo a servizio della propria volontà di autoingannarsi, intesa come volontà di permanere in un falso non falsificabile.

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Aggiornamento a poche ore dalla strage di Kabul dove sono morti 6 parà italiani e 15 civili

Lo psicanalista dovrebbe interrogarsi. Dovrebbe interrogare la dottrina sulla quale si è formato. La dottrina gli insegna che esiste il complesso di Edipo. Il soggetto desidera uccidere il padre. Poichè si sente in colpa, va in guerra a morire, espiando tale desiderio. La civiltà lo chiama amor di patria e lo glorifica. Mai come su questo punto la teoria psicanalitica e la civiltà vanno d'accordo.

Ma è falso.

Sono i padri che vogliono uccidere i figli, mandandoli a morire in guerra.

Naturalmente non posso confermare la mia congettura. Le congetture non si confermano, tutt'al più si falsificano. Non è una conferma il padre di Sanaa che uccide la figlia perché fidanzata di un italiano. Non sono una conferma i soldati americani mandati da Bush a morire in Irak (3000) e in Afganistan (825 finora). Non sono una conferma i kamikaze che si sono schiantati contro le Twin Towers o si fanno quotidianamente esplodere nei mercati di Bagdad.

Allora, che ci facciamo con una congettura? Che congetturiamo a fare?

Sembra che congetturando congetturando rimaniamo nella stessa miseria di prima.

O forse no.

Una congettura, come la suddetta, illumina debolmente la nostra miseria.

Per esempio, sul valore della religione.

La religione ha un valore inestimabile per la convivenza civile. Le società di Homo sapiens nascono in modo religioso. Freudianamente parlando, la società nasce dalla rimozione del desiderio del padre di uccidere i figli. I figli vengono risparmiati per costituire la società. Allora, i figli devono dire grazie al padre, che diventa dio. Nascono così i riti religiosi di Thankgiving per Dio Padre. Che funzionano finché, sempre freudianamente parlando, il rimosso non ritorna. Niente paura. C'è il sintomo della guerra, pronto a pareggiare i conti. Per salvare se stessi, i padri mandano i propri figli a morire in guerra contro i figli di altri padri, che moriranno come loro. Questo è il valore della religione, questa è la salvezza che annuncia e realizza la religione di Stato, questa è la liturgia che libera i padri dalla minaccia di morte. I padri non devono guerreggiare direttamente tra di loro, guerreggiano indirettamente attraverso i figli. Sono un po' vigliacchi questi nostri padri. Trasformano la propria eteroaggressività in autoaggressività dei figli e la chiamano civiltà, riuscendo a ingannare anche Freud. Il figlio che muore per il padre sta lì davanti a tutti, inchiodato al simbolo della croce, che in Occidente si impone con la religione cattolica. La cattolica è probabilmente la vera religione. E' vera perché con i suoi riti dichiara pubblicamente che il vero assassino del figlio è il padre. Giustamente Freud parla di disagio nella civiltà, ma il suo discorso non è molto freudiano. Direi che è un po' gesuitico. Siccome l'uomo è cattivo, la civiltà gli insegna a rivolgere la cattiveria contro se stesso e a risparmiare la società. Se il discorso dell'uomo cattivo fosse vero - ma è biologicamente inconsistente - in guerra ci andrebbero i padri.

Ma di questo non si vuole sentire parlare. Allora, si inventano altri sintomi collettivi che giustificano il compromesso della guerra: la nazione, la patria, addirittura la pace tra le nazioni. Si vis pacem para bellum. Sulla retorica dell'orgoglio e dell'onore individuali, sull'ideologia del bene comune, oggi globalizzato, non si deposita mai la polvere. Giusto, ma le guerre non le fanno i padri, perché sono troppo vecchi. Le fanno i figli, che hanno appena fatto dei figli. Questa è la volontà dei nonni: che ci siano delle vedove e degli orfani.

(Oggi i nonni sono coccolati perchè fanno da baby sitter. Valgono un miliardo del PIL, dicono le statistiche. Ma chi ha un minimo di esperienza di analisi non può misconoscere gli effetti devastanti che un Grand-père esercita potenzialmente sulla famiglia del figlio, minandone alla base l'autorità paterna. I nonni baby sitter sono ciò che in psicanalisi si chiama "formazione reattiva". Sono una formazione reattiva sociale. I nonni fanno da baby sitter agli orfani. Lo si vede anche in TV.).

E l'Edipo? E l'eteroaggressività che diventa autoaggressività? E la pulsione di morte?

Per carità! Dimentichiamo queste storielle freudiane. Non illuminano più la nostra miseria collettiva. Hanno ingannato le generazioni del secolo breve. Freud, piuttosto, ha ancora qualcos'altro da dirci: qualcosa di più rovente, che lui stesso voleva continuare a ignorare e che le scuole di psicanalisi religiosamente occultano. Freud ha inventato tutta una complicata metapsicologia per salvaguardare la propria volontà di ignoranza. Dobbiamo continuare sulla sua strada? Vogliamo ancora restare conniventi con la menzogna della civiltà?

Rispondi, psicanalista!

(Torna su).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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