LA PSICANALISI SECONDO
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Ein Phänomen konstatieren, läßt natürlich sofort die Frage nach seiner Verursachung entstehen. Constatare un fenomeno, fa subito nascere la questione della sua causa. Sigmund Freud, Lettera a Romain Rolland (1936) Sviluppando la nozione di mana, Hubert e io abbiamo creduto di trovare non solo il fondamento arcaico della magia, ma anche la forma più generale e probabilmente più primitiva della nozione di causa. Marcell Mauss, Il soggetto: la persona (1938) C'est la cause: la cause non pas catégorie de la logique, mais en causant tout l'effet. La vérité comme cause, allez-vous, psychanalystes, refuser d'en assumer la question, quand c'est de là que s'est levée votre carrière? Jacques Lacan, La science et la vérité (1965). * Sei in “Eziologia” Provieni da una pagina dove si polemizza contro il principio di ragion sufficiente, il criterio eziologico e l’uso improprio della nozione di causa, come quello citato nel terzo esergo, che pone in equazione verità e causa. Questa è una pagina di servizio, funzionale all’idolo polemico del dott. Sciacchitano: la causa. Al di là della polemica il dottore tenta di precisare in che senso la psicanalisi, se intesa come scienza dell’ignoranza, porta a indebolire la nozione di causa.
Una pagina più propositiva della presente si trova al seguente indirizzo: dove non mi limito a criticare la nozione di causa, ma propongo una nozione alternativa: quella di modello con simmetrie. Con questa sentenza perentoria una mia paziente liquida la costruzione, che le propongo dopo una distillazione analitica lunga dieci anni. Basta la formuletta delle resistenze all’analisi, per consolare l’analista incompreso e tenerlo fermo nella sua costruzione “sbagliata”? (Puoi approfondire il tema nel mio saggio, di prossima pubblicazione in Germania, dal titolo Le interpretazioni mancate o Fehldeutungen). La paziente emette la propria sentenza di condanna seduta sul lettino, nel consueto atteggiamento oppositivo di sfida al rituale analitico. Ma ha ragione lei. La costruzione è veramente irrealistica, praticamente delirante, come ben sapeva Freud (1). Perché la signora dovrebbe accettarla? Tutto nel suo mondo della vita, ovviamente deformato dal di lei fantasma, va contro di essa. Per convincerla basterebbe tentare di farle capire che il rifiuto della costruzione fa parte integrante della costruzione? Ovviamente, no. Restio come sono all’esposizione di casi clinici, di solito raccontati al fine di confermare una dottrina o dimostrare la propria ortodossia all'interno di qualche rito di appartenenza (seminari, congressi, pubblicazione su riviste di scuola), mi sento qui forzato a fornire pochi e schematici cenni relativi al caso che cito, per illustrare un tratto caratteristico della volontà d’ignoranza: la resistenza alla scienza. Il caso è comune: una giovane donna fissata all’Uno come tante. L’Uno primordiale è il Padre, sotto il cui sguardo la figlia è cresciuta. L’Uno secondario è una sorta di dongiovanni, che non le offre l’amore esclusivo che lei pretende, cioè pari al suo: semplicemente incondizionato. (Si rilegga il fantastico aforisma 363 della Gaia Scienza). Anche la costruzione è banale. Solo la resistenza all’analisi dell’analista ha fatto sì che arrivasse a concepirla ben dieci anni dopo l’inizio dell’analisi, per altro finalizzata alla prevenzione di propositi suicidari per l’amore infelice. Semplicemente, l’Uno secondario è la fotocopia dell’Uno primordiale rimosso (ritorno e fissazione del rimosso). In termini freudiani ancora più espliciti, la vicenda si riconduce all’identificazione isterica della bambina alla madre: Hai voluto essere la madre; ora lo sei, se non altro nella sofferenza (2). Infatti, la donna in questione non ha oggi più alcun interesse per il padre, morto dieci anni fa. (3). Inoltre, tra i fratelli, era la preferita dal padre, il quale sorvegliava a che ora la figlia tornava a casa la sera. “Doveva essere geloso, povero”, racconta con compatimento. “Se tornavo a casa tardi, magari perché mi fermavo sotto casa a chiacchierare, ero una puttana”. Un cliché. La costruzione analitica è chiaramente irrealistica. Un padre, per il quale la figlia non nutre interesse e che addirittura non stima, non può realisticamente “causare” la scelta di un oggetto d’amore esclusivo. Hai voglia di spiegarle la differenza tra reale e immaginario, tra Padre Ideale e padre reale. Alla resistenza, cioè alla volontà di ignoranza, non si comanda. Naturalmente, non ho tentato l’indottrinamento lacaniano. La mia strategia di aggiramento della resistenza è un’altra, sicuramente più lunga e meno diretta dell’indottrinamento, ma con qualche probabilità di essere definitiva. * Come molti intellettuali del suo e del nostro tempo, Freud riteneva che la medicina fosse una scienza – la scienza della diagnosi, della prognosi e della cura individuali. Pertanto basterebbe non formulare diagnosi locali o non eseguire prognosi elettriche, per uscire dalla medicina, pur restando nella scienza. Questo è un errore fatale e purtroppo comune. (5) La medicina non è scienza, ma non perché faccia diagnosi e prognosi e qualche volta curi. La medicina non è scienza perché nella pratica clinica usa sì materiale scientifico, ma con criteri non scientifici, in primis il criterio di causa ed effetto. Si fonda, cioè, sul principio di ragion sufficiente – nella fattispecie sull’azione dell’agente patogeno nel causare la malattia e i suoi sintomi. La medicina non è e non sarà mai una scienza, perché nella scienza si sospendono le cause, non solo quelle efficienti (vedi Galilei e il moto inerziale senza motore) ma soprattutto quelle finali (vedi Darwin e l’evoluzione biologica senza disegno intelligente). Conservare l’eziologia, vuol dire perdere la scienza. È quel che capitò a Freud. Freud smette di essere scientifico quando scrive l’Eziologia dell’isteria (1896), dove equipara la funzione eziologica delle scene sessuali infantili nell’isteria all’azione del bacillo di Koch nella tubercolosi. Il mio giudizio è più drastico e meno personale di quello di Grünbaum. Non mi limito a dire che Freud non applica correttamente i criteri eziologici. Affermo che Freud cessa di essere scientifico appena li convoca. Che li usi correttamente o no, è secondario. La nuova scienza (die junge Wissenschaft) di Freud nasce con una deformazione congenita: è poco scientifica e molto medica, perché ha impianto eziologico (6). * Penso alla paleoantropologia, cioè allo studio dell’origine dell’uomo attraverso i fossili. All’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, prima che in paleoantropologia prendessero piede gli studi di biochimica e di paleogenetica, una giovane ricercatrice della Yale University, allieva di un antropologo molto critico, David Pilbeam, si inserì nel dibattito sulle origini dell’uomo con una tesi provocatoria. Misia Landau sosteneva che le produzioni scientifiche dei grandi antropologi degli anni Venti e Trenta – in America gli Osborn, Gregory e Jones Wood, in Gran Bretagna i diversi Sir: Sir Keith, Sir Elliot Smith, Sir Smith Woodward, per non parlare del loro eterodosso allievo Raymond Dart – erano bei romanzi. Loro immaginavano di scrivere articoli scientifici seri e oggettivi su reperti fossilizzati di ominoidi o ominidi. In realtà, senza volerlo, interpretando quei reperti, costruivano novelle, che proiettavano sulla pratica accademica le loro problematiche personali. In base a schematismi strutturali inconsci, analizzati da Vladimir Propp nel suo classico Morfologia della fiaba, i loro articoli scientifici si potevano leggere come novelle. Nella fattispecie le favole involontariamente narrate dai primi paleoantropologi con le loro interpretazioni - l'interpretazione è sempre una "picciola favola" secondo Vico - si inseriscono nel ciclo del mito dell’eroe. Schematicamente, si racconta che un antico primate scese dagli alberi sulla terra (prima fase). Acquisì il bipedismo (seconda fase). Evolvette un cervello sempre più grande (terza fase) e finalmente produsse la strumentazione della civiltà, linguaggio compreso (quarta fase). Ci sono tante varianti del mito, che combinano con pesi e tempistiche differenti le quattro fasi e che nell’insieme formano un genere letterario: l’antropopaleontologia (7). La situazione è più difficile di quel che credeva Freud e tuttora credono gli umanisti dei nostri giorni. Loro pensavano di cavarsela fissando criteri rigorosi di interpretazione. Peccato che non basti. Ma la situazione è anche paradossalmente più facile. Basta un semplice cambiamento di ottica epistemologica e tutto diventa improvvisamente chiaro. Una scienza dell’uomo è alla nostra portata. Basta poco. Basta non incaponirsi a mettere l’uomo al centro del discorso, magari per dire che non deve stare al centro. Non basta dire che “l’Io non è padrone a casa propria”, come Freud. Occorre vedere le cose in modo diverso, riformare l’intelletto, diceva Spinoza. * Perché tempo epistemico? Allora, volendo diventare una scienza del tempo di sapere, cioè del tempo necessario al soggetto per passare da uno stato epistemico di maggiore a uno stato di minore ignoranza, la psicanalisi non trovò ai tempi di Freud niente di meglio che l’escamotage di passare attraverso la letteratura dei casi clinici. In mancanza di meglio, per analizzare la transizione epistemica, il fondatore della giovane scienza dell’ignoranza ritenne opportuno, forse necessario, darsi alla novellistica. Ha dovuto passare o è già passata la psicanalisi attraverso la novellistica? Ecco la domanda giusta. La mia ipotesi è che sia già passata e che i tempi siano maturi per produrre anche in campo psicanalitico qualcosa di più scientifico in senso stretto. Lo segnalano i tentativi abbozzati in questo sito alla pagina della logica, intesa come logica del tempo epistemico. Oggi esistono tante varianti di logica epistemica. Tra le tante, quella che mi sembra più adatta alla psicanalisi, perché meno cognitiva (10), sta sul prolungamento della logica intuizionista di Brouwer. In proposito rimando al mio lavoro Una matematica per la psicanalisi. L'intuizionismo di Brouwer da Cartesio a Lacan (english version). Un discorso meno polemico nei confronti del principio di ragion sufficiente, deve considerare due effetti contrari alla psicanalisi, prodotti da tale principio: da una parte l'attaccamento al cognitivismo e dall’altra resistenza alla scienza, quindi alla psicanalisi. La resistenza alla scienza è ormai la specifica resistenza alla psicanalisi da parte dello psicanalista. A sua volta l'attaccamento all'eziologismo è una resistenza all'infinito, essendo quelli di causa e infinito due concetti incompatibili. (Lo afferma Aristotele - Ipse dixit! - in Metafisica, Libro I, Cap. 2.) L'eziologismo è – direbbero gli psicanalisti – un meccanismo di difesa, precisamente una razionalizzazione. In nome della sapienza, fondata sul buon senso aristotelico dello scire per causas, si resiste alla scienza, quindi alla psicanalisi. Lo dico nei miei termini: l'eziologismo realizza la volontà di ignoranza. La discutibile abilità politica di Freud fu di aver giocato al compromesso con l’eziologismo, inventando una metapsicologia delle pulsioni, fondata sulle cause: la causa efficiente dalla parte delle pulsioni sessuali, la causa finale dalla parte della pulsione di morte. L’aspetto medico di questa teorizzazione – fondata principalmente sul principio di piacere e sul trauma come causa psichica – ha prodotto effetti positivi sul breve periodo, facendo sì che la psicanalisi si vendesse bene sul piano della cura e si affermasse come psicoterapia. Oggi, sul lungo periodo, questa medicalizzazione ha completamente sterilizzato la psicanalisi. L’unica possibilità di rilanciare la psicanalisi è sul piano scientifico, sospendendo il discorso della causa. Con questo voglio forse dire che dobbiamo dimenticare sempre e comunque il principio eziologico? Che non dobbiamo fare diagnosi e prognosi mediche o che dobbiamo rinunciare alle indagini di polizia sui moventi che hanno indotto un criminale a commettere il crimine? Assolutamente no. Dico solo che il principio eziologico ha i propri precisi contesti – o paesaggi di fitness – dove resta valido. Sono tipici i contesti medici, medico-legali e propriamente storiografici. Aggiungo solo che tali contesti non sono quelli della ricerca scientifica moderna, quella psicanalitica compresa, che non è né medicina né diritto né solo storia. (11). Concludo con una considerazione concreta che, distinguendo tra scienza antica e moderna potrebbe facilitare la transizione dalla prima alla seconda, essenzialmente nel senso del passaggio da un regime di intelligenza eziologica a un regime libero dai vincoli delle cause. * Il discorso antieziologico non ha solo una dimensione teorica e intellettuale di ordine epistemologico. Ha una doppia rilevanza pratica - affettiva, direbbe Freud: religiosa, come cerco di dimostrare alla pagina sul e politica, come cerco di dimostrare alla pagina Infine, va assunta la prospettiva di poter articolare insieme i due discorsi: quello eziologico e quello logocentrico. L'eziologia è organizzata come un linguaggio. E' un linguaggio di tipo magico (ma alla rovescia) dove gli effetti si collegano metonimicamente alle cause e dove imperversano le metafore e le analogie. Le scene sessuali infantili causano l'isteria come il bacillo di Koch causa la tubercolosi - è la tipica Eziologia dell'isteria, inventata da Freud. **
Note (1)“Le formazioni deliranti dei malati mi sembrano equivalenti alle costruzioni che costruiamo nel trattamento analitico”. S. Freud, “Konstruktionen in der Analyse” (1937), in Sigmund Freud Gesammelte Werke, vol. XVI, Fischer, Frankfurt a.M. 1999, p. 55. (Torna su) (2) Cfr. S. Freud, “Massenpsychologie und Ichanalyse” (1921), in Sigmund Freud Gesammelte Werke, vol. XIII, Fischer, Frankfurt a.M. 1999, p. 117. (Torna su) (3) L’analisi può essere una forma larvata di elaborazione del lutto. Nell'analisi l'analizzante ritrova l'oggetto perduto. In questo caso l'analista funziona da terzo rispetto all'Uno primordiale e all'Uno secondario, senza fortunatamente condividere le caratteristiche né del primo né del secondo. (Torna su) (4) S. Freud, “Studien über Hysterie” (1895), in Sigmund Freud Gesammelte Werke, vol. I, Fischer, Frankfurt a.M. 1999, p. 227, parafrasi mia. (Torna su) (5) Ma si legga in proposito il libretto dello storico della medicina Giorgio Cosmacini, La medicina non è una scienza: breve storia delle sue scienze di base, Cortina, Milano 2008. (Torna su) (6) E' interessante a questo proposito notare come Freud proietti sul paziente i propri tic eziologici di stampo medico. Spiega l’identificazione isterica come “pretesa eziologica” di soffrire per la stessa causa dell’altro o a causa dell’altro. Cfr. S. Freud, “Die Traumdeutung” (1899), in Sigmund Freud Gesammelte Werke, vol. II/III, Fischer, Frankfurt a.M. 1999, p. 156. Per quanto riguarda la medicalizzazione della psicanalisi vedi il mio saggio Tuttobeneverosì. (Torna su) (7) “Sono giunto a ritenere che molte delle nostre affermazioni sui come e sui perché dell’evoluzione umana dicano altrettanto su noi paleoantropologi e sulla società in cui viviamo che su quanto ‘realmente’ accadde”. (D. Pilbeam, “Rethinking Human Origins”, in Discovery, 13, 1978, p. 9). Evidentemente, la paleoantropologia è una scienza che non fuorclude il soggetto. Per saperne di più rimando al classico Le ossa della discordia. L’enigma dell’origine dell’uomo di Roger Lewin (1987, trad. L. Montixi Comoglio, Bompiani, Milano 1989), ricco di acute osservazioni epistemologiche sul valore del falso e sul vedere solo la verità che si vuole vedere. (Torna su) (8) Di solito - faccio notare en passant - si fanno considerazioni diverse, di stampo fenomenologico. Freud, scienziato positivista, non sarebbe riuscito a inserire direttamente la psicanalisi nel discorso delle scienze umane a causa della fuorclusione positivistica della soggettività. Ci sarebbe riuscito solo indirettamente attraverso la novellistica. Questo discorso è fallace. Suppone che Freud sia stato scienziato, invece fu solo medico. Molti medici scrivono novelle per hobby. (Torna su) (9) Segnalo un tournant dangereux, come lo chiama Bourbaki. Kant conosceva l’argomento controeziologico di Hume. Tuttavia, per lui il principio di ragion sufficiente sopravviveva. Perché? Perché l’eziologia è una categoria della soggettività. Secondo la sua rivoluzione copernicana, il soggetto conosce del reale quel che egli stesso ci mette dentro di suo. (Torna su) (10) Le logiche epistemiche cognitive si costruiscono per aggiunta di assiomi epistemici alla logica classica. Le logiche non cognitive, come quella intuizionista, si costruiscono per sottrazione di assiomi dalla logica classica. (Torna su) (11) Nel movimento psicanalitico, che ormai è diventato un sussulto psicoterapeutico, la resistenza ad ammettere la decadenza del principio di ragion sufficiente è esclusivamente di ordine commerciale. Poiché senza causa non c’è terapia, nel senso di rimozione delle cause del malessere, lo psicanalista scientifico non potrebbe più mettersi sul mercato come psicoterapeuta e rischierebbe di restare disoccupato. (Torna su) (12) “La fenomenologia è lo studio delle essenze”. M. Merleau-Ponty, La fenomenologia della percezione (1945), trad. A. Bonomi, Il Saggiatore, Milano 1965, p. 15. (Torna su) (13)Discorso analogo a quello sull’indebolimento eziologico nelle scienze, andrebbe fatto per l’indebolimento della nozione di legge, che nelle scienze non ha più valore di legalità, dovendo trattare per lo più fenomeni spontanei: il moto inerziale, la radioattività, le mutazioni genetiche. (Torna su) (14) La scienza moderna non è conoscenza perché il suo oggetto - l'infinito - è essenzialmente irriducibile a un concetto. In gergo si dice che è non categorico. Non significa che è irrappresentabile, ma che dell'infinito si danno molte - troppe - rappresentazioni tra loro non equivalenti. Non esiste l'ortodossia dell'infinito, perciò questo oggetto fa orrore alle masse e ai padroni che vogliono unificarle sotto uno slogan. Piero Citati giustamente parla di Malattia dell'infinito (Mondadori, Milano 2008), per introdurre alla letteratura del Novecento. Antonello Sciacchitano parla di "unfinito". (Torna su)
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